Questa strada mantenne per millenni il ruolo di crocevia privilegiato tra la Baronia, la valle dell’Ufita ed il Molise da una parte e l’Ofanto, la Puglia e la Basilicata dall’altra. La tradizione vuole che da lì fossero passati Annibale e Spartaco.
Le fonti storiche suggeriscono che con l’arrivo dei Longobardi, la strada in questione assunse un ruolo significativo nel traffico locale in quanto principale via di collegamento tra il gastaldato di Conza e Benevento, dove aveva sede la corte ducale di riferimento. Esiste una cronaca del 1137 che conferma il ruolo nevralgico di questa strada in quel periodo: Paolo Diacono, bibliotecario cassinense, descrivendo il viaggio che con l’abate di Montecassino, Rainaldo, accompagnato da Pandolfo, vescovo di Teano, e da numeroso seguito, affrontò per recarsi a Melfi e di lì a Lagopesole, dove erano stati convocati dall’imperatore Lotario II e dal papa Innocenzo II, evidenziò che per per arrivare a Conza e di lì seguire il corso dell’Ofanto scelsero proprio la Capostrada. Quando si chiede ai contadini più anziani, dove portasse un tempo la Capostrada, molti rispondono che portava a Vallata o Bisaccia, pochi, invece, sostengono che scendendo da “li Petri” nella valle dell’Ufita, la stessa puntava verso Carife. In effetti lungo l’Ufita, in tenimento di Frigento, si staglia un grosso rilievo roccioso oggi indicato come “il Pesco” sulla cui cima resistono ancora i merli di un fortilizio medievale. Questo era anticamente indicato come il “Pesco di Morra” in quanto proprietà di una Perretta Morra che diede il proprio nome alla locale contrada Perretta.
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